Le notti bianche (F. Dostoevskij)

 

LE NOTTI BIANCHE

(F. Dostoevskij)

⭐⭐⭐⭐

 

Nella città di Pietroburgo, durante la tarda sera, un uomo, un Sognatore, passeggia perso nei propri pensieri, nella sua solitudine e durante questo vagare incontra una giovane donna, Nastenka, che risveglia in lui sentimenti piacevoli. Inizia così ad apprezzare questa presenza femminile tanto che già dal loro primo incontro, la loro conoscenza non è solo un presentarsi, conoscersi e darsi un nuovo appuntamento ma è un qualcosa di più profondo che sembra legare il destino dell’uno all’altra. Infatti, già dal secondo appuntamento, entrambi si mettono (quasi) a nudo, in una confidenza che difficilmente si darebbe ad una persona appena conosciuta se non ci fosse una sintonia tale da fidarsi ciecamente e confidarsi. Questa confidenza però, è il preludio di un sentimento che anche se batte già forte nel cuore del sognatore è ancora poco evidente in lei, e non potrà avere comunque il lieto fine sperato.

È il primo romanzo russo che leggo e confesso che sono ancora in fase di elaborazione perché lo reputo un racconto che merita tempo e riflessione. Il fatto che non sia stato lunghissimo e complicato sicuramente ha agevolato la lettura ma ha lasciato aperti parecchi spunti di riflessione: ad esempio, il mancato lieto fine che riporta il sognatore alla sua vita di sempre, in che misura ha influito su di lui? Che implicazioni ha avuto su una mente che già prima di conoscere Nastenka viveva in solitudine a un punto tale che preferiva passeggiare nelle tarde ore della sera?

Inoltre, ipotizzare una narrazione di questo tipo, articolata in quattro notti rende ancora più utopistico anzi, io oserei dire onirico (essendo comunque ambientato nella tarda sera) gli avvenimenti narrati. Ora, non va dimenticato che la scrittura e l’immaginazione possono permetterci di arrivare dove non arriva la realtà e forse lo scrittore ha fatto proprio questo: ci ha condotti oltre un limite umano che forse non sarebbe mai stato considerato valido nella realtà, lo ha reso umanamente realistico creando due identità socialmente riconoscibili e ci ha permesso di immedesimarci nella loro storia per quattro notti.

Anche se questo non è il vissero e felici e contenti a cui sono abituata ma è un sentimento tormentato, ho trovato vera l’affermazione secondo cui “[…] quando siamo infelici, sentiamo di più l’altrui infelicità; il dolore non divide ma ci avvicina …”. Queste parole così empatiche mi hanno commossa perché a volte, nei momenti difficili si ha l’attitudine di pensare solo a noi stessi e al nostro dolore come se tutto ciò che ci circondasse non contasse più. Quanto invece è più difficile pensare anche agli altri: forse la nostra infelicità non si risolverà sul momento però l’empatico altruismo ci permetterà di affrontarle con una forza condivisa.

Nei momenti bui e nelle delusioni lasciamo che ‘le lacrime vengano pure perché non danno alcun fastidio’ e come il sognatore, per quanto la vita possa provarci e anche demoralizzarci, non stanchiamoci di cercare e ricercare ‘un’istante di felicità. Ed è forse poco per la vita di un uomo?’

Ps. (deformazione professionale) Nel Sognatore ho rivisto le linee, le sinuosità e le forme che hanno caratterizzato l’opera di Kandinskij, un artista tra il sentimentale e lo spirituale.

Se pensiamo al Sognatore:

  • Vive una condizione spirituale fatta di solitudine e meditazione passeggia di notte e non credo sia un caso (un detto dice proprio che la notte porta consiglio). Non vuole nessuno intorno o forse non ha trovato i giusti consiglieri per sé per cui preferisce il silenzio.

ma

  • Vive una condizione sentimentale (carnale) in quanto la visione di un qualcosa d’improvviso a cui non può opporre resistenza gli ricorda che infondo è umano e forse, esiste una possibilità effettiva d’essere amato e compreso.

Dal mio punto di vista, in questo racconto emerge quest’ambivalenza tra sentimentale e spirituale e nel momento in cui quella parte sentimentale purtroppo non può essere soddisfatta in modo completo, subentra quella necessità consolatoria di redenzione che solo la solitudine, il silenzio e la meditazione possono portare.

Credo che, Le Notti Bianche sia un racconto di formazione, il quale, tramite un percorso che io definisco anche catartico, trova come unica soluzione alla delusione sentimentale umana, il proprio isolamento dal mondo.

Ho apprezzato tantissimo la semplicità e la delicatezza con cui si esprime lo scrittore ma se questa fosse una chiave di lettura non mi troverei completamente d’accordo in quanto, io ritengo che l’essere umano abbia bisogno di momenti solitari per interiorizzare sé stesso, le proprie emozioni e sensazioni, ma questo isolamento momentaneo non può e non deve diventare una resa permanente. Capiterà che i nostri sentimenti possano essere incompresi o fraintesi e nessuno può garantirci che non soffriremo. Ma volente o nolente le emozioni – positive e negative – fanno parte della nostra vita e sia in un verso che in un altro servono proprio ad equilibrarci e renderci stabili.

 
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