PAPA’ GAMBALUNGA (Jean Webster)

 

PAPA’ GAMBALUNGA

(Jean Webster)

⭐⭐⭐⭐ ⭐


 

Jerusha ‘Judy’ Abbott, un’orfana che vive nell’Istituto John Grier, ottiene un privilegio inaspettato da un misterioso benefattore ‘dalle gambe e dalle braccia mostruosamente allungate che correvano lungo il pavimento e sulla parete del corridoio. Sembrava […] un enorme papà gambalunga.”

Le viene concessa l’opportunità di diplomarsi (e poi continuare gli studi) a patto che lei scriva tutti i mesi al suo benefattore conosciuto come John Smith senza pretendere nulla in cambio.

Inizia per Judy una nuova vita fatta di possibilità e nuovi incontri, tra cui Jervie Pendleton con il quale instaurerà un’intima amicizia che si trasformerà negli anni in un sentimento ancora più profondo.

Chi è Papà Gambalunga? 

Riuscirà Judy a scoprirlo e finalmente a dare pace al suo cuore e ai suoi sentimenti?

Avevo già letto una versione ridotta (junior) di Papà Gambalunga ma non ho potuto fare a meno di acquistare la versione completa e immergermi nella lettura di quest’ultima che ho divorato in pochissimo tempo. È stato come rileggerlo per la prima volta!

Adoro Judy, il suo umorismo, la sua spontaneità, impulsività e il suo essere così instancabile. È una giovane donna che nonostante ‘si senta sola con la schiena contro il muro a combattere il mondo’, vuole a tutti costi rendersi indipendente e capisce che l’occasione fornitagli è veramente un privilegio tanto che si impegna con tutta sé stessa.

“Ho intenzione di godermi ogni secondo, e ho intenzione di sapere che me lo sto godendo mentre me lo sto godendo. Molte persone non vivono; gareggiano solamente. […] e poi la prima cosa che sanno è che sono vecchi ed esausti, e non fa alcuna differenza se hanno raggiunto l’obbiettivo o meno. Ho deciso di sedermi durante il percorso e accumulare molte piccole gioie, anche se non diventerò mai una Grande Scrittrice. […]”

È notevole come l’autrice, Jean Webster, abbia strutturato un romanzo prettamente al femminile. L’unica ‘voce che sentiamo’ è quella di Judy e proprio per questo ritengo che lei possa rappresentare tutte noi donne che nella vita vogliamo realizzare noi stesse anche facendo sacrifici.

Judy non può evitare di confrontarsi con una società che lei sa non gli apparterrà mai, però questo non le impedisce di conviverci pur mantenendo intatti i suoi principi. È una donna che non scende a compromessi e continua per la sua strada anche se a volte manifesta indecisione e insicurezza.

Mi ha incuriosito il fatto che Judy presta particolare attenzione al suo nome Jerusha e come questo le fu scelto e dato (il nome che non le piace tanto che si fa chiamare Judy).

Mentre ripensavo a questo dettaglio mi è tornata in mente una mostra che ho visitato recentemente a Roma, presso la GNAM (Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea) intitolata I SAY I incentrata e dedicata a delle artiste donne contemporanee dove l’autocoscienza, che vediamo svilupparsi nel romanzo epistolare in toni semplici e delicati, qui diviene più forte e d’impatto.

Prima di entrare nella sala iniziale un led riportava la seguente scritta: “REMEMBER THE FIRST TIME YOU SAW YOUR NAME (ricorda la prima volta che hai visto il tuo nome)”. 



Quando Judy VEDE per la prima volta il suo nome? È interessante che non è tanto il dire o pronunciare il nome, ma il vedersi in quello che il nostro nome rappresenta, in quello che noi siamo e Judy, nelle lettere che scrive è come se si specchiasse e si mostrasse per chi è veramente:

  • Quante volte nelle sue lettere mette a nudo le sue emozioni e i suoi sentimenti tanto che arriva anche a sentirsi una ‘traditrice’ nei confronti del suo benefattore non appena capisce che l’amicizia con Jervie è più profonda di quello che crede.
  • Oppure, si vergogna di essere orfana ma allo stesso tempo non parla del suo benefattore se non immaginandolo come una famiglia (madre, padre, fratelli … al completo)!

Ecco che la scrittura, il voler ESSERE una scrittrice, non è solo una passione che Judy spera possa diventare la sua professione ma una necessità che inconsciamente la renderà una donna libera, nonostante i cliché del tempo.

Oggi potremo pensare che i tempi ormai siano cambiati, ci siamo ‘evoluti’ ma in quanto donne, viviamo la nostra vita veramente in modo indipendente e autonomo? Mi sono posta questa domanda perché mi è capitato di sentire espressioni del tipo ‘io vivo in un paese dove questa è la mentalità’ … ma perché fermarci a questo?

Nella mia vita io mi sono accontenta ed ho anche accontentato ma ho capito che anche io sono importante, anche io esisto ed è giusto che ne prenda coscienza e che agisca di conseguenza. Da quando lo faccio, mi sono resa conto di come la mia vita è migliorata perché non mi sento più egoista ma semplicemente mi amo un po' di più e questo mi permette di amare maggiormente gli altri in modo autentico e sincero.

Credo che questa lettura si presti a più pubblici:

  • alle giovani adolescenti che magari possono trovare nella scrittura di un proprio diario un’alternativa costruttiva per passare piacevolmente il tempo
  • a tutte le donne che hanno voglia di riscoprirsi, che già sono sulla buona strada o già ci sono riuscite

È un ottimo regalo da pensare per eventuali ricorrenze anche perché forse si conosce il cartone animato, qualcuno conoscerà il film ma non tutti sanno che è un romanzo e che di questo esiste anche un seguito.

A proposito qualcuno lo ha già letto? Io ancora no, ma è già nella libreria che mi aspetta! 

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#carartecarissimarte
#papagambalunga 
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